Il figlio dell’ombra

La Riflessione 2009

Genere: fantasy

 

 

Il figlio dell’ombra l’ho scritto alle superiori. I primi esperimenti di scrittura, la voglia di evadere, di fuggire dall’edificio scolastico almeno con la mente. Quando sei seduto al banco, ma in realtà non ci sei. Il suono della campanella che annuncia l’intervallo è rigenerante. La gioia di mettere via la grammatica greca, e per quei dieci, quindici minuti, ti sfondi di Tolkien. E vivi in un mondo altro.

Quando cominci a salutare gli amici dicendo mae govannen e nel tempo libero ti metti a tradurre in endecasillabi la storia di Luthien – o almeno ci provi.

Poi, pian piano, cominci a capire che la Terra di Mezzo non ti basta più e costruisci il ponte per raggiungere la tua Terabithia personale. Un ponte fatto di fili d’inchiostro gettato verso un mondo che è solo tuo.

Ed è da lì, dal mondo, dalle descrizioni dei luoghi, che Il figlio dell’ombra ha preso avvio. Negli intervalli fra una lezione e l’altra sono nate l’isola degli elfi e la torre eburnea del re degli uomini, la città dei nani dentro la montagna e il palazzo di vetro del Consiglio.

Poi, pian piano, comincia a prendere vita l’insieme dei personaggi, e i personaggi si muovono, agiscono, seguono una volontà propria e creano la trama.

E il principe degli elfi scoprirà un segreto oscuro.

E la guerra divampa come un fuoco.

E la resistenza sarà guidata dalla più improbabile delle persone.

Verso uno scontro in cui tutto, alla fine, si annulla come in un abbraccio.

 

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