Il sentiero del Plaisentif

2 novembre

Località di partenza: Pragelato

Nel weekend dei morti difficilmente splende il sole. Una nebbia diffusa intride il mondo, lo rende scialbo, insapore oltre che incolore. Sembra quasi che gli alberi stessi piangano i loro defunti con le gocce condensate sulle ultime foglie morenti.

La macchina sfila nella nebbia, poi, all’improvviso, sul colle del Sestriere, il sole. Sbuchiamo al di sopra delle nubi, che rimangono nella vallata sottostante come un enorme lago di panna montata. Ma la nostra destinazione è più in basso: Pragelato ancora riposa nell’abbraccio del grigio…

Posteggiamo all’ufficio turistico e calziamo gli scarponi: tra la nebbia e le recenti piogge, ci sarà fango lungo il percorso. Due passi e siamo al fiume. Il Chisone scorre turbolento davanti a noi, l’acqua grigia per le piogge e i lavori che poco più a monte stanno facendo nell’alveo. Ci lasciamo alle spalle il trampolino costruito per le Olimpiadi invernali del 2006 e mai rimosso. Giace ancora lì, come una ferita inferta al pendio, tetro nell’abbraccio della nebbia. Voltiamo le spalle al moderno e ci dirigiamo verso Pattemouche, in direzione di un sentiero che unisce invece vecchie borgate e alpeggi in cui ancora vive la tradizione. Camminiamo sulla spianata che d’inverno diventa la pista da fondo, lungo il corso del fiume, su un suolo grigio di roccia frantumata, e la nebbia non è che una tela vuota che fa da sfondo all’oro dei larici, al bianco dei tronchi di qualche rara betulla e al rosso vivo dei cinorrodi delle rose. Piante pioniere, colonizzano in fretta ciò che l’uomo ha spianato.

Una bacheca con una mappa ci ricorda del glorioso rimpatrio dei Valdesi, ma non è questo il nostro sentiero.

Finalmente, a Pattemouche, il primo cartello che ci indica che siamo sulla via giusta: Il sentiero del Plaisentif, che collega gli alpeggi che producono l’antico “formaggio delle viole”. Certo l’autunno non è la stagione migliore per godersi la fioritura delle viole che regalano il loro profumo al formaggio. Bisognerebbe tornare in giugno, o in luglio. 80 giorni servono poi al Plaisentif per stagionare, ma questo formaggio con una storia che risale almeno al ‘500 non va sul mercato prima della terza domenica di settembre, per la festa di Poggio Oddone a Perosa Argentina. Fine settembre. Eppure adesso, a inizio novembre, già non se ne trova più. I produttori si contano sulle dita delle mani, e il Plaisentif rimane un formaggio di nicchia. Ma nulla vieta di provare le altre tome d’alpeggio…

Saliamo verso Allevè. Una volta qui dominavano i cembri. Ma ora solo i larici fanno bella mostra di sé, favoriti, nel corso di generazioni, per il loro legno resistente, resinoso e imputrescibile, ottimo per i lavori di travatura e le scandole dei tetti delle case tradizionali. A 1820 m di altezza, Allevè è un piccolo gioiello seicentesco quasi completamente restaurato e ospita una cappella dell’800 dedicata a Nôtre Dame des Neiges e due fontane, di cui una dalla caratteristica forma a tino.

“Guardando che ora è, pensate alla morte e tenetevi pronti” ammoniscono le meridiane, ma anche “sorridete alla vita”.

Proseguiamo lungo il sentiero. Un momentaneo squarcio nella cortina di nebbia ci regala una fugace visione dei monti, con le cime imbiancate di neve recente.

E arriviamo alla borgata del Rif. Il contrasto con l’Allevè è forte. Le case, qui son tutte in rovina. Scheletri che si adagiano su sé stessi nella nebbia. Resti di stalle al pianterreno, con la tipica volta a crociera. Qui si tenevano le vacche un tempo; qui si coltivavano segale, orzo e avena; adesso le ortiche e il buon Enrico vegetano nel terreno umido davanti ai ruderi…

Proseguiamo il cammino. Un soldatino di plastica, con il fucile spianato, fa la guardia al ruscello.

Al Grand Puy una lapide su un muro scrostato ricorda un incendio di quasi un secolo fa. Ma è ormai tempo di ritornare, di scendere tra i larici nella nebbia. Niente formaggio per noi questa volta, ma, come dono d’addio, i piccoli frutti dolci e aciduli al contempo dell’olivello spinoso, vitamina C offerta dal bosco per la brutta stagione che arriva.

Una risposta a “Il sentiero del Plaisentif”

  1. Bellissime immagini, delicate emozioni accompagnano il racconto di un breve viaggio tra passato e presente, natura viva, selvaggia, pioniera, timidamente sorprendente anche fra le nebbie di una giornata triste ed uggiosa per tradizione

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