Incontri ravvicinati… azzeccati!

Alzi la mano chi non ha mai incontrato una zecca durante le proprie escursioni nei boschi. E chi ha alzato la mano sappia che è solo una questione di tempo. Negli ultimi anni il loro numero sta crescendo e l’uomo, volente o nolente, sempre più spesso incrocia il loro cammino.

Prendiamoci dunque qualche minuto e parliamo di zecche, ché capire con chi abbiamo a che fare è il primo passo per sapere come affrontare ciò che, ormai, dovremmo abituarci a considerare un fastidio diffuso.

Parliamo di zecche, ma, nella fattispecie, parliamo di zecche dure, di quelle, cioè, che hanno una sorta di scudo resistente sul dorso.

Le zecche sono aracnidi, come i ragni e gli scorpioni, per capirci, ma, a differenza di questi, sono ematofaghe, vale a dire che si nutrono di sangue. E hanno imparato a farlo nel migliore dei modi. Speciali cuscinetti sotto le zampe (8, come in tutti gli aracnidi, ma 6 nello stadio larvale) consentono loro di camminare sulla pelle degli ospiti in maniera così leggera da essere impercettibili al tatto. Non te ne accorgi se ti cammina addosso. Una volta ne avevo una che mi si stava arrampicando sul braccio con una calma e una leggerezza che avevano qualcosa di ipnotico. Sarei rimasto a guardarla per ore, ma era meglio rimuoverla prima che raggiungesse l’ascella, dove la pelle è più sottile, dove sa che è più facile mordere. E arriviamo allora al fatidico morso. L’apparato boccale del simpatico animaletto è altamente specializzato e consente di mordere l’ospite in maniera del tutto indolore. Tanti auguri ad accorgersene! I cheliceri, come dei coltelli, tagliano la cute e consentono all’ipostoma di succhiare il sangue mentre i denti, retroversi, come degli uncini, si agganciano alla pelle e non mollano la presa.

La buona notizia, se di buona notizia si può parlare, è che le zecche dure mangiano solo una volta per stadio. Ovvero mangiano una volta quando sono larve, poi mutano e diventano ninfe. Mangiano di nuovo, e diventano adulte. Mangiano di nuovo e, se sono femmine, depongono un bel po’ di uova e il ciclo ricomincia.

In Italia ce ne sono circa 30 specie, ma nel mondo sono circa 900, e si dividono in due grosse categorie:

– Le zecche endofile, che vivono nascoste nelle tane degli animali, nel terreno, nelle crepe dei muri, e sono normalmente più selettive nella ricerca dell’ospite da parassitare. Ad esempio Dermacentor marginatus predilige i cinghiali. Ciò non toglie, tuttavia, che se capita a tiro un ospite diverso non ne possano approfittare…

– Le zecche esofile, che vivono nell’ambiente e stanno appostate sugli steli d’erba e sulle foglie in attesa di chiunque passi di lì. Appartiene a questo gruppo Ixodes ricinus, la zecca dei boschi, la più abbondante in Piemonte, e, proprio perché la più abbondante, la più fastidiosa. Ama i boschi ombreggiati con fitto sottobosco; disdegna, invece, le praterie assolate con erba bassa perché l’umidità è minore e rischierebbe di disseccarsi.

Sono attive da marzo-aprile a ottobre-novembre, ma nulla impedisce che in inverni particolarmente caldi possano fare capolino dai loro rifugi… Gli adulti sono una presenza costante e di numero esiguo; le larve possono invece essere molto abbondanti in primavera e verso agosto; quanto alle ninfe, si ritrovano in numero minore delle larve, ma possono essere più insidiose. Le larve, infatti, difficilmente si attaccano sull’uomo perché sono molto piccole e normalmente stanno vicino al terreno. Le ninfe, invece, sono più pericolose. Pur essendo di piccole dimensioni, si attaccano all’uomo e passano facilmente inosservate (sembrano un piccolo neo), cosa che permette loro di completare con facilità il pasto di sangue.

Il ciclo che le porta da larve a diventare adulte dura in genere 2-3 anni, ma se fa tanto caldo è possibile che mutino più in fretta. E che salgano di quota. Se prima il loro habitat ideale erano i castagneti al di sotto dei 1000 metri di altitudine, negli ultimi anni si sono spinte anche sopra i 1800.

Foto di Jerzy Górecki da Pixabay

Malattie

Le malattie che possono trasmettere sono numerose, con cicli di trasmissione complessi che prevedono il coinvolgimento di più animali. In genere sono cicli silvestri, e gli animali selvatici che ospitano le zecche non mostrano sintomi di malattia. Il problema è se in questo ciclo, per caso, si inserisce un animale evolutosi in un contesto diverso: l’uomo. Se la zecca ha parassitato in precedenza un animale “serbatoio” di patogeni, ne diventa un vettore e li trasmette all’uomo.

Vediamo le principali.

Borreliosi di Lyme. È causata da un batterio, una spirocheta, chiamato Borrelia burgdorferi, ed è la malattia da zecca più comune nell’emisfero nord. Se Borrelia viene trasmessa a un essere umano, può dare problemi nel 60-80% dei casi. Tipicamente, dopo un periodo che varia dai 2 ai 30 giorni dopo il morso si sviluppa un eritema migrans attorno alla zona colpita, ovvero un eritema a forma di bersaglio che tende via via ad allargarsi, allontanandosi dalla zona del morso. E l’eritema è accompagnato da sintomi simil-influenzali. La malattia può diventare cronica, portando a lesioni nervose, artriti e problemi cardiaci. In Europa colpisce più di 85mila persone ogni anno. Per potersi infettare, la zecca ha bisogno di aver compiuto almeno un pasto (quindi sono escluse le larve).

Rickettsiosi. È causata da specie diverse di batteri del genere Rickettsia ed è trasmessa da tanti tipi di zecche. E qui anche le larve possono essere pericolose, perché la malattia si trasmette per via transovarica (dalla femmina infetta alla prole). I sintomi sono le cosiddette “febbri bottonose”, ovvero febbri accompagnate da piccole necrosi nelle zone dei morsi e da tanti puntini sul resto della cute. Rickettsia slovaca è portata dalla zecca del cinghiale, che morde generalmente tra i capelli, e causa una linfadenopatia, un ingrossamento dei linfonodi.

Borrelia e Rickettsia si trattano bene con terapie antibiotiche (su prescrizione medica), ma il trattamento è consigliato solo per persone con segni clinici. L’ospedale di riferimento in Piemonte è l’Amedeo di Savoia di Torino.

Encefalite da zecche (TBE). È più grave ed è una malattia neurologica non curabile con antibiotico in quanto di origine virale. Esiste però un vaccino nelle zone soggette (in Piemonte non è ancora attestata). È trasmessa sempre da Ixodes ricinus ma in Europa presenta una distribuzione irregolare: è presente in Francia, Slovenia, Germania, Austria, Repubbliche baltiche, Scandinavia, Svizzera,… in Italia al momento solo nel Triveneto. Il 70-90% dei casi è asintomatico, ma in altri casi si ha febbre, encefalite, meningite e sintomi correlati. Non c’è una cura specifica; tutto sta nella prevenzione tramite vaccino.

Prevenzione

Cosa fare, dunque, per non incappare in queste patologie? La difesa più importante è la conoscenza del proprio nemico. Bisogna, per esempio, tenere a mente che la possibilità di contagio è legata alla ricerca di un ospite da parte della zecca, e che il rischio maggiore si corre quando fa caldo. E bisogna tenere a mente l’habitat preferito da Ixodes ricinus, ovvero quei boschi umidi con ricco sottobosco, foglie e animali di cui parlavamo sopra.

Una volta che si hanno a mente queste informazioni, è bene adottare alcuni comportamenti quali:

– indossare abbigliamento lungo, dai colori chiari, e scarpe chiuse;

– applicare repellenti specifici per zecche sulla cute esposta e sui vestiti;

– evitare la vegetazione folta;

– evitare di sedersi per terra o di appoggiare lo zaino a terra se l’erba è alta;

– al ritorno da un’escursione, fare subito una doccia, perché le zecche non mordono subito, ma prima camminano sulla pelle alla ricerca del punto giusto dove pranzare, dove la pelle è più sottile;

– dopo la doccia, esaminarsi in coppia il corpo (come le scimmie…);

– esaminare i vestiti e lavarli ad alta temperatura;

– trattare gli animali domestici con antiparassitari.

Se si individua una zecca, è bene eliminarla subito. Prima la si toglie, minore è il rischio di infezione perché magari non ha ancora cominciato a nutrirsi e non ha ancora rigurgitato nel flusso ematico gli organismi patogeni.

Ma come si stacca la zecca?

NON bisogna schiacciarla, bruciarla, trattarla con sostanze irritanti come alcol o olio, perché si corre il rischio di farla rigurgitare, peggiorando la situazione.

BISOGNA invece rimuoverla con delle pinzette (ne esistono di specifiche, oppure si possono usare, con accortezza, quelle per il corpo) e disinfettare la zona del morso. Con le pinzette, si afferra la zecca il più vicino possibile alla cute, evitando di schiacciarle il corpo, si compie un movimento rotatorio per sganciare i denti e si tira. La zecca può essere conservata per eventuali esami (in alcol o nel freezer). Se è un medico a toglierla, può inviarla all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Torino per farla analizzare, nel caso in cui la persona morsa sia un bambino o una persona anziana o immunodepressa: è molto più facile individuare l’eventuale patogeno nella zecca che nel corpo umano! Nei giorni e nelle settimane seguenti il morso, è bene tenere sotto controllo l’area del morso e il proprio stato di salute. Se si notano delle anomalie, di corsa dal medico e in bocca al lupo!

Σ.

FONTI

Appunti di una conferenza sul tema tenuta dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino, il 17/05/2019 a Castagneto Po.

Per ulteriori informazioni:

Parchi Alpi Cozie;

Istituto Zooprofilattico Sperimentale.