LE MEGALOPOLI DEL SOTTOBOSCO

formicaioSe proviamo a pensare agli animali che popolano le Alpi, qual è il primo che ci viene in mente? Con buona probabilità qualche ungulato, o magari la marmotta. Al limite, qualche uccello. Ma che dire degli insetti? Se, macchina fotografica appesa al collo, ci addentriamo nel bosco – in un bosco qualsiasi dell’arco alpino – per fotografare la fauna montana, può capitare che ce ne torniamo a casa delusi per non aver avvistato nemmeno un mammifero. Ma quante centinaia di formiche abbiamo calpestato senza nemmeno accorgercene, passando accanto ai loro nidi e degnandoli, al massimo, soltanto di uno sguardo distratto?

Fermiamoci un momento a osservarli, questi formicai. Sono cumuli di ramoscelli e aghi secchi di conifere che possono raggiungere l’altezza di un uomo, vere e proprie megalopoli delle red wood ants, come le chiamano gli Inglesi. Le formiche rosse, generalmente considerate assieme come “formiche del gruppo rufa”, appartengono in realtà a specie distinte e tuttavia morfologicamente ed etologicamente assai affini: Formica rufa (che dà il nome al gruppo), F. sanguinea, F. polyctena, F. pratensis, F. aquilonia, F. lugubris e F. paralugubris.[1] F. polyctena, F. aquilonia e F. lugubris in Piemonte sono specie protette in quanto svolgono un ruolo vitale nel mantenimento dell’ecosistema boschivo.[2]

Sulle Alpi l’inverno è rigido, e la neve cade abbondante ricoprendo gli acervi delle formiche. Il materiale isolante protegge dal gelo gli insetti, che si rifugiano nelle gallerie più profonde, scavate sotto il suolo o appena sopra la sua superficie. Ma, nel formicaio, ogni tipo di attività cessa con l’arrivo del grande freddo. Le formiche giacciono immote, con lo stomaco pieno della melata prodotta dagli afidi e raccolta nelle ultime tiepide giornate. Svernano così, come se fossero state paralizzate, finché la neve non si scioglie e il sole comincia a scaldare il nido. I detriti di cui è composto, di colore scuro, attirano le radiazioni solari e la temperatura, piano piano, sale. Le formiche più vicine alla superficie riprendono vigore ed escono dal rifugio a crogiolarsi al sole; quindi rientrano e, col calore del proprio corpo, risvegliano le compagne che, a loro volta, ripetono il processo. Ci vuole una quindicina di giorni prima che l’intera colonia, che può contare anche oltre mezzo milione di individui, torni completamente operativa.

E ora che tutta la città si è risvegliata, è il momento tornare al lavoro. C’è chi si occupa di nutrire i giovani, chi ripara i danni causati dalla neve, chi raccoglie pezzi di resina da distribuire nelle gallerie per neutralizzare le infezioni fungine.[3] E c’è chi va a caccia. Sono insetti onnivori e, se la melata degli afidi costituisce l’alimento base, non disdegnano di organizzare vere e proprie battute di caccia sia sul terreno sia sugli alberi, dalle cui chiome possono decidere di scendere lasciandosi cadere al suolo.[4] Cacciano in gruppo. Circondano la preda (invertebrati anche più grandi di loro) in cinque o sei e, mentre alcune la immobilizzano con le possenti mandibole, una le spruzza addosso acido formico, uccidendola. L’acido formico è, per questi insetti privi di pungiglione, una vera e propria arma chimica, velenosissima per gli altri insetti, utile sia per la caccia sia per la difesa. Lo immagazzinano nell’addome fino a un peso pari a un quinto del corpo e, se un nemico si avvicina al nido, accorrono in massa, sollevano l’addome e sparano.[5]

Ma c’è chi ha imparato a sfruttare l’arma micidiale delle formiche rosse. Le ghiandaie, gli storni, i picchi e i corvi, infatti, disturbano volutamente i formicai e, con le ali distese, si lasciano irrorare di acido formico liberandosi in questo modo dalle pulci, dai pidocchi e dagli altri parassiti.[6]

E l’arrivo della bella stagione apre anche le porte alla guerra. Fortemente territoriale, la Formica rufa non esita ad attaccare colonie di altre specie di formiche presenti nei propri dominî per annientarle.[7] E una di queste battaglie ebbe un testimone oculare d’eccezione, che ne riportò il racconto, come un bollettino di guerra, nel proprio diario:

      Un giorno che ero uscito per andare alla mia catasta di legna, o piuttosto alla mia catasta di ceppi, osservai due grandi formiche, una rossa e una nera […] che combattevano ferocemente fra loro. Una volta che riuscirono ad afferrarsi, non si lasciarono più andare, ma lottarono e combatterono e si rotolarono senza posa sulle scaglie di legno. Guardando più in là, fui sorpreso di scorgere che le scaglie erano coperte di altri simili combattenti, e che quello non era un duellum, ma un bellum, una guerra tra due razze di formiche, le rosse sempre schierate contro le nere, e, spesso, due rosse contro una nera. Le legioni di questi Mirmidoni coprivano tutte le colline e le valli della mia legnaia, e il terreno era già cosparso di morti e morenti, rossi e neri […].[8]

Ma non sono soltanto le altre specie a subire gli attacchi delle formiche rosse. Vere e proprie battaglie intraspecifiche tra formiche di colonie diverse avvengono ogni primavera per il controllo del territorio e dei sentieri di caccia, e le azioni belliche sono coordinate da messaggi chimici (feromoni), fisici (movimenti ritualizzati) e sonori, quasi impercettibili al nostro orecchio.

E sopra i campi di battaglia si librano i maschi alati e le future regine. La vita dei maschi si gioca tutta qui, nel volo nuziale, e termina poco dopo l’accoppiamento. Le femmine fecondate, invece, si portano a terra e, strappatesi le ali, possono dar vita a una nuova colonia o essere riammesse in quella d’origine, che può ospitare simultaneamente anche cento regine. Molto longeve – possono superare i cinque anni d’età – le regine sono in grado di trattenere lo sperma in un organo detto spermateca per fecondare le uova anche molto tempo dopo l’accoppiamento. Dalle uova fecondate nasceranno soltanto femmine; da quelle che decideranno di non fecondare nasceranno invece i maschi alati.[9]

Le femmine fecondate di Formica lugubris, però, possono comportarsi diversamente, compiendo un’impresa che ha dell’inverosimile. Una volta atterrata dopo il volo nuziale, la futura regina può infilarsi in un nido di Formica fusca (formica nera) e attraversarne impunemente i cunicoli fino ad arrivare alla regina, che viene prontamente soppressa. Shāh Māt, il re è morto, e l’intrusa ne prende il posto e comincia a deporre le uova. Le formiche nere si prendono cura di lei come se fosse la vecchia regina, ma, alla loro morte, ci saranno solo formiche rosse a rimpiazzarle. E così, nel giro di una generazione, il formicaio cambia bandiera.

Sconfitte in battaglia; detronizzate con un regicidio… Ma F. fusca è costretta a subire anche altre angherie. F. sanguinea, infatti, ha imparato a invaderne regolarmente i nidi a caccia di schiavi. Il bottino sono le pupe che, una volta portate nel proprio formicaio e diventate adulte, eseguiranno senza protestare gli ordini delle formiche rosse.[10]

Il ruolo della Formica rufa nel mantenere l’equilibrio dell’ecosistema bosco è di capitale importanza, tanto più se si considera che i suoi nidi, che costituiscono habitat durevoli e dalla temperatura e umidità pressoché costanti, possono ospitare fino a centoventicinque diverse specie di artropodi, dai coleotteri ai ragni (come Dipoena torva, che preda le operaie di F. lugubris), dagli imenotteri ai lepidotteri (è il caso di Myrmecozela ochraceella, una falena la cui larva si nutre del materiale con cui è costruito il formicaio).[11]

Si è calcolato che le operaie di Formica rufa sono in grado di catturare, per soddisfare il fabbisogno alimentare della colonia, ogni giorno fino a 4000 larve di coleotteri xilofagi e 50000 insetti. Pertanto si è pensato di utilizzarle nella lotta biologica alla processionaria del pino.[12]

Σ.

 

[1] T. Parmentier, W. Dekoninck, T. Wenseleers, A highly diverse microcosm in a hostile world: a review on the associates of red wood ants (Formica rufa group), «Insect. Soc.» 61, 2014, pp. 229-237.

[2] http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/formica.pdf, p. 1

[3] David Attenborough, Life in The Undergrowth, BBC Books, London 2005, pp. 258-259.

[4]L. Lenoir, Response of the foraging behaviour of red wood ants (Formica rufa group) to exclusion from trees, «Agricultural and Forest Entomology» 5, 2003, pp. 183-189.

[5] http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/formica.pdf, p. 1.

[6] D. Attenborough, op. cit., pp. 260-261.

[7] http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/formica.pdf, p.2.

[8] Henry David Thoreau, Walden, or Life in the Woods, Ticknor and Fields, Boston 1854 (trad. it. Walden, ovvero vita nei boschi, Grandi classici BUR, Milano 2015, da cui si cita), p.304.

[9] http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/formica.pdf, p.2.

[10] D. Attenborough, op. cit., pp. 261-262.

[11] T. Parmentier et al., op. cit.

[12] http://www.regione.piemonte.it/ambiente/tutela_amb/dwd/formica.pdf, pp. 2-3.